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Da martedì a domenica 9,00-13,00 e 15,00-19,30. Chiuso lunedì.
C.so G.F.Vitale n.54 - Gangi (PA)
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Opere

La pittura non sempre può essere ingabbiata in rigidi schemi, molte volte ha bisogno di “volare”, di esprimersi più per sensazioni che per immagini. È il caso di quest’opera che prende in prestito dal figurativo il soggetto ma lo rielabora in maniera più vitale.

Il celeste del cielo, il verde degli alberi, ma ecco emergere soprattutto il giallo, l’ ”oro”, l’ocra dei campi di grano preziosi come il sole. Gianbecchina lavora sempre e continua a produrre innumerevoli paesaggio come questo “luogo” nel quale la scomposizione per piani lo riporta a certe sue produzioni giovanili.

Questo paesaggio, realizzato quando Gianbecchina aveva circa settant’anni, ci mostra la voglia di liberta di certa sua pittura. L’atmosfera è tutt’altro che serena ha anzi un qualcosa di cupo, triste; ciononostante la realizzazione è felice e tocca le corde dell’animo umano.

La ricerca dei luoghi della storia umana viene intrapresa dall’artista attraverso la pittura. A fianco il paesaggio è reinterpretato calibrando sapientemente l’etereità del cielo e il caldo colore della madre terra. Una rocca inaccessibile segnata dal trascorrere del tempo.

Siamo negli anni ’80, ma Gianbecchina, invece di cercare nuove strade espressive, si rifugia nei suoi sogni, in quel tipo di pittura che tanta fortuna gli aveva portato nel suo periodo migliore, come in quest’opera nella quale viene riprodotto uno spaccato di vita contadina.

Anche in questo acquerello più che immagini trasferite dalla realtà al foglio sembrano evocazioni di sogni riaffioranti nella memoria carichi di sensazioni care al cuore. Schizzi fugaci di un attimo fermato nel tempo.

Negli anni Ottanta, negli acquerelli, si abbandona decisamente la linea di contorno. Il suo effetto per la natura gli suggerisce visioni più poetiche che reali come in quest’opera nella quale le sensazioni prevalgono sulla realtà.

Forse sarà perché tre è il numero perfetto, ma appare sempre nelle opere di Gianbecchina. In “Conversazione” i colori caldi si accostano con quelli freddi dando al dipinto una sensazione di intensa, fresca calura. La pittura si va facendo sempre più curata.

L’atmosfera è soffocante, l’aria irrespirabile. Gianbecchina si serve della sua tecnica per dare vita ad una visione angosciante di distruzione. Il fuoco brucia tutto; il tratto è indefinito, ancora memore dell’esperienza astratta.

Contrariamente agli acquerelli, i dipinti degli anni ’70 si affollano di pigmenti caldi, terrosi. Il colore diventa monti, alberi, grano; sembra che il fuoco e il vento si siano impossessati del suo modo di dipingere guidando burrascosamente la sua mano.

L’atmosfera è sempre la stessa, quella degli angoli di campagna, delle strade sterrate, delle “casuzze” affioranti tra nuvole di verde. La traccia del ricordo è sempre molto viva nelle opere dell’artista, soprattutto in quelle dell’ultimo ventennio.

Negli acquerelli viene ripresa la stesura per semplici macchie di colore. È una visione eseguita quasi elementarmente quella che qui si mostra. Il ponte catalizza l’attenzione con la sua massicciata chiara, inserito in un paesaggio dal quale, poi, se ne distacca.